In questo articolo
- › Laurino: Il Borgo dei Ponti del Diavolo
- › Roscigno Vecchia: La Pompei del Novecento
- › San Severino di Centola: Il Castello tra le Nuvole
- › Valle dell'Angelo: Il Borgo dove il Tempo si è Fermato
- › L'Esperienza Autentica dei Borghi Nascosti
- › Consigli Pratici per la Visita
- › Un Patrimonio da Preservare
I Borghi Cilentani Nascosti: Tesori Segreti nel Cuore della Campania
Scopri i luoghi più autentici e misteriosi del Cilento, dove il tempo si è fermato e le leggende prendono vita
Nel cuore selvaggio del Cilento, lontano dalle rotte turistiche più battute, si nascondono piccoli gioielli di pietra e storia che custodiscono gelosamente i segreti di un'Italia antica e autentica. Questi borghi dimenticati dal tempo rappresentano l'anima più vera di una terra che ha saputo preservare intatte le sue tradizioni millenarie, offrendo ai viaggiatori più curiosi esperienze uniche e indimenticabili.
Mentre migliaia di turisti si dirigono verso le mete più famose come Paestum e Palinuro, esistono luoghi magici dove è ancora possibile respirare l'atmosfera di un passato che non vuole essere dimenticato. Borghi dove ogni pietra racconta una storia, dove le leggende si mescolano alla realtà e dove l'accoglienza genuina degli ultimi abitanti diventa un'esperienza che tocca il cuore.
Laurino: Il Borgo dei Ponti del Diavolo
Adagiato sulla "collina dei lauri", Laurino emerge come un'antica sentinella di pietra che domina la vallata sottostante con un fascino magnetico e misterioso. Questo borgo medievale, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, deve probabilmente la sua nascita ai Sanniti Pentri che, sconfitti dai romani nel 270 a.C. nella Piana di Paestum, si rifugiarono nelle vallate interne del Cilento in cerca di protezione e pace.

La storia di Laurino si intreccia indissolubilmente con quella dei monaci italogreci e dei Longobardi, dalla cui convergenza di interessi nacque, tra il IX e X secolo, questo straordinario esempio di borgo fortificato. Il "Castrum Laurini", come veniva chiamato in epoca medievale, si sviluppò rapidamente fino a diventare uno dei centri più importanti del Cilento interno, tanto da richiedere la costruzione di un imponente castello e di una cinta muraria che furono però distrutti dalle truppe dell'imperatore Federico II nel 1246 come punizione per la ribellione locale.
Oggi, passeggiando tra i caratteristici vicoli del centro storico racchiusi dalle antiche mura medievali, si raggiunge la piazza principale dove spicca il Seggio, l'aula rettangolare aperta sulla piazza del foro dove gli Eletti dell'Universitas di Laurino esercitavano le funzioni di governo. Ma la vera magia di Laurino si svela nella località Gorgonero, dove si ergono gli imponenti ponti medievali a schiena d'asino che attraversano il fiume Calore.

Questi straordinari manufatti architettonici, conosciuti come i "Ponti del Diavolo", devono il loro nome suggestivo alla credenza popolare che strutture così complesse e ardite potessero essere realizzate solamente attraverso un intervento soprannaturale. La leggenda vuole che il Diavolo in persona abbia costruito questi ponti in una sola notte, in cambio dell'anima del primo essere vivente che li avesse attraversati. Come spesso accade nelle tradizioni popolari, l'astuzia umana ebbe la meglio: fu fatto passare per primo un cane, salvando così le anime degli abitanti del borgo.

La figura di Sant'Elena, vergine anacoreta vissuta tra il VI e VII secolo, aggiunge un ulteriore elemento di spiritualità e mistero a questo luogo già ricco di fascino. Elena rappresenta una delle punte estreme di diffusione del monachesimo orientale ai margini della Lucania, testimoniando l'importanza religiosa e culturale che Laurino rivestiva nell'alto medioevo.
Roscigno Vecchia: La Pompei del Novecento
Se esiste un luogo dove il concetto di "tempo sospeso" trova la sua massima espressione, questo è sicuramente Roscigno Vecchia, il borgo fantasma più affascinante e meglio conservato dell'intero Mezzogiorno d'Italia. Soprannominato la "Pompei del Novecento" per il suo straordinario stato di conservazione, questo piccolo centro abitato racconta una storia di abbandono che ha paradossalmente contribuito a preservarne intatta l'autenticità.

La storia dell'abbandono di Roscigno Vecchia inizia all'alba del XX secolo, quando due ordinanze del Genio Civile, emesse nel 1902 e nel 1908, decretarono lo sgombero del paese a causa delle continue frane che minacciavano la sicurezza degli abitanti. Nonostante questi provvedimenti ufficiali, molte famiglie continuarono a vivere nel borgo fino agli anni '60, quando l'emigrazione verso la Svizzera, le Americhe o il trasferimento nel nuovo paese di Roscigno costruito nelle vicinanze, portò al definitivo spopolamento.
Ma Roscigno Vecchia non è mai stata completamente abbandonata. Dal 2001 fino alla sua scomparsa nel gennaio 2024, Giuseppe Spagnuolo è stato l'ultimo abitante e custode di questo borgo millenario, vivendo da solo tra le case di pietra e facendo da guida ai numerosi turisti che arrivavano da tutto il mondo per visitare questo luogo unico. Giuseppe, che si definiva "libero e abusivo", ha dedicato oltre vent'anni della sua vita a preservare la memoria di Roscigno Vecchia, raccontando con passione la storia di ogni casa, di ogni vicolo, di ogni pietra di questo museo a cielo aperto.

Camminando oggi per le strade in terra battuta di Roscigno Vecchia, si ha la sensazione di essere entrati in una macchina del tempo che ci riporta indietro di oltre un secolo. Le case in pietra locale, costruite secondo le tecniche tradizionali dell'architettura rurale cilentana, si affacciano su vicoli stretti dove risuonano ancora gli echi di voci e risate di bambini che non ci sono più. Al centro del borgo, la caratteristica fontana-abbeveratoio rappresenta il cuore pulsante di quella che un tempo era una comunità viva e operosa.
La chiesa madre, con la sua facciata austera e il campanile che svetta verso il cielo, domina la piazza principale dove si svolgevano i mercati e le feste patronali. All'interno, gli affreschi sbiaditi e gli arredi sacri coperti dalla polvere del tempo raccontano di una fede profonda che ha accompagnato per secoli la vita quotidiana degli abitanti di Roscigno.

Il riconoscimento UNESCO del 1998, che ha inserito Roscigno Vecchia nel patrimonio mondiale dell'umanità, ha sancito ufficialmente l'importanza storica e culturale di questo borgo, trasformandolo in una meta di pellegrinaggio per studiosi, fotografi e viaggiatori in cerca di autenticità.
San Severino di Centola: Il Castello tra le Nuvole
Arroccato in posizione strategica tra due speroni di roccia, al di sopra della suggestiva "Gola del Diavolo" scavata dal fiume Mingardo, San Severino di Centola rappresenta uno degli esempi più spettacolari di borgo medievale fortificato dell'intero Mezzogiorno. Questo "paese fantasma" sospeso tra cielo e terra offre ai visitatori un'esperienza unica, dove la grandiosità del paesaggio naturale si fonde armoniosamente con i resti di un glorioso passato.
Fondato tra il X e XI secolo, San Severino di Centola deve il suo nome, secondo alcune interpretazioni, alla potente famiglia nobiliare dei Sanseverino che ne controllò i destini per secoli, mentre secondo altre fonti deriverebbe da San Severino Abate, vescovo del Norico. Indipendentemente dall'origine del nome, questo borgo rappresenta un perfetto esempio di come l'uomo medievale sapesse sfruttare le caratteristiche naturali del territorio per creare insediamenti praticamente inespugnabili.
Il castello, costruito nell'XI secolo e successivamente modificato nel corso dei secoli, domina ancora oggi il paesaggio con i suoi archi a sesto acuto e i resti della cappella palatina. La torre longobarda a pianta quadrata, utilizzata per il controllo dell'unico valico di accesso alla Gola del Diavolo e alla Baia della Molpa, testimonia l'importanza strategica di questo avamposto che controllava le vie di comunicazione tra la costa e l'entroterra.

Con l'avvento degli Aragonesi nel 1444, il borgo fortificato iniziò il suo lento declino. L'importanza strategica delle fortificazioni medievali venne meno con lo sviluppo delle armi da fuoco, e il castello fu progressivamente abbandonato. Tuttavia, l'insediamento civile continuò a prosperare grazie all'attività estrattiva del gesso, scoperto nella zona, come testimonia la costruzione della cattedrale nella parte inferiore del borgo.
Il colpo di grazia all'antica comunità di San Severino arrivò con la costruzione della linea ferroviaria Pisciotta-Castrocucco nel 1888. La possibilità di raggiungere più facilmente la costa e le migliori opportunità di lavoro offerte dalla modernizzazione spinsero gradualmente tutti gli abitanti a trasferirsi a valle, dove sorse il nuovo centro di Centola. Nel giro di una cinquantina d'anni, il borgo medievale si svuotò completamente, anche se la chiesa continuò a essere utilizzata per le funzioni religiose fino al 1977.
Oggi, San Severino di Centola offre ai visitatori panorami mozzafiato sulla vallata del Mingardo e rappresenta una meta imperdibile per gli amanti della fotografia e del trekking. Il sentiero che dal nuovo paese di Centola conduce ai ruderi del borgo antico attraversa paesaggi di rara bellezza, dove la macchia mediterranea si alterna a scorci panoramici che spaziano dal mare alle montagne dell'entroterra cilentano.

La chiesa di San Nicola, con il suo abside semicircolare e l'unica navata, conserva ancora parte del suo fascino originario, mentre il palazzo baronale racconta storie di nobili e feudatari che da queste alture controllavano vasti territori. Tra i ruderi del castello, dove il vento sussurra antiche leggende, è ancora possibile immaginare la vita quotidiana di una comunità che per secoli ha sfidato le difficoltà di un territorio aspro ma straordinariamente affascinante.
Valle dell'Angelo: Il Borgo dove il Tempo si è Fermato
Nel cuore più selvaggio e incontaminato del Parco Nazionale del Cilento, lungo la Valle del Calore, si nasconde un piccolo gioiello che detiene un record particolare: Valle dell'Angelo è il comune più piccolo dell'intera Campania, con una popolazione che oscilla tra i 200 e i 250 abitanti. Questo borgo intimo e accogliente rappresenta l'essenza più pura del Cilento montano, dove le tradizioni antiche si tramandano di generazione in generazione e dove ogni abitante è custode di un patrimonio culturale inestimabile.

Circondato dal Monte Ausinito a sud e immerso in un paesaggio di rara bellezza naturalistica, Valle dell'Angelo offre ai visitatori un'atmosfera unica, fatta di ritmi lenti e di una genuinità che sembra appartenere a un'epoca lontana. Le sue origini si perdono nella storia dei monaci bizantini che, in epoca altomedievale, scelsero questa valle appartata per stabilire le loro comunità religiose, attratti dalla pace e dalla spiritualità che emanava da questi luoghi.
Passeggiando per le strade del borgo, si respira un'aria di altri tempi, dove ogni casa racconta la storia di famiglie che hanno scelto di rimanere fedeli alla loro terra nonostante le difficoltà e le tentazioni della modernità. Gli abitanti di Valle dell'Angelo sono i veri custodi delle tradizioni cilentane: dalla cucina genuina basata su ingredienti locali e ricette tramandate oralmente, alle antiche usanze legate ai cicli stagionali e alle festività religiose.

La principale attrattiva naturalistica del borgo è rappresentata dalla Grotta dell'Angelo, situata in località Costa della Salvia sul monte Ausinito. Questa cavità naturale, che ha dato il nome al paese, è circondata da leggende e credenze popolari che ne fanno un luogo di particolare suggestione. La grotta, raggiungibile attraverso sentieri immersi nella macchia mediterranea, offre ai visitatori più avventurosi la possibilità di esplorare un ambiente sotterraneo di rara bellezza, dove stalattiti e stalagmiti creano scenografie naturali di grande impatto emotivo.

Ma Valle dell'Angelo non è solo natura incontaminata. Il borgo rappresenta un esempio vivente di come sia possibile mantenere vive le tradizioni rurali in un mondo sempre più globalizzato. Le donne del paese continuano a preparare il pane secondo antiche ricette, utilizzando forni a legna che profumano l'aria di fragranze dimenticate. Gli uomini si dedicano ancora alla pastorizia e all'agricoltura di sussistenza, producendo formaggi, salumi e conserve che rappresentano l'eccellenza della gastronomia cilentana.
La cucina di Valle dell'Angelo è un vero e proprio viaggio nei sapori autentici del Cilento montano. I piatti tipici, preparati con ingredienti rigorosamente locali, raccontano la storia di una comunità che ha saputo trasformare la semplicità in ricchezza. Dalle zuppe di legumi ai formaggi di capra, dai salumi stagionati nelle grotte naturali ai dolci preparati per le festività religiose, ogni boccone è un'esperienza sensoriale che connette il visitatore con le radici più profonde di questa terra.
L'Esperienza Autentica dei Borghi Nascosti
Visitare i borghi cilentani nascosti significa intraprendere un viaggio nel tempo e nello spazio che va ben oltre la semplice esperienza turistica. Questi luoghi rappresentano l'opportunità unica di entrare in contatto con un'Italia autentica e genuina, dove i ritmi della vita seguono ancora i cicli naturali e dove l'ospitalità non è una strategia commerciale ma un valore profondamente radicato nella cultura locale.
Ogni borgo nascosto del Cilento offre ai visitatori la possibilità di vivere esperienze irripetibili: dalle passeggiate tra i ruderi medievali di San Severino di Centola, dove il silenzio è rotto solo dal vento che sussurra tra le pietre antiche, alle conversazioni con gli ultimi abitanti di Valle dell'Angelo, custodi di tradizioni millenarie che rischiano di scomparire per sempre.
Consigli Pratici per la Visita
Per vivere al meglio l'esperienza dei borghi cilentani nascosti, è importante pianificare la visita con attenzione e rispetto per questi luoghi fragili e preziosi. Il periodo migliore per visitare questi borghi è durante le stagioni intermedie, quando il clima è mite e la natura circostante offre i suoi colori più belli.
È fondamentale affrontare queste visite con l'attrezzatura adeguata: scarpe comode e antiscivolo per camminare sui sentieri e tra i ruderi, abbigliamento a strati per adattarsi ai cambiamenti di temperatura, e una buona scorta d'acqua, soprattutto durante i mesi più caldi.
Il rispetto per questi luoghi è essenziale: i borghi nascosti del Cilento sono patrimoni fragili che richiedono la massima cura da parte dei visitatori. È importante non danneggiare le strutture antiche, non lasciare rifiuti e mantenere un comportamento rispettoso verso l'ambiente e verso le eventuali persone che ancora vivono in questi luoghi.
Un Patrimonio da Preservare
I borghi cilentani nascosti rappresentano un patrimonio culturale e storico di inestimabile valore che rischia di scomparire per sempre se non adeguatamente tutelato e valorizzato. Questi luoghi sono testimoni silenziosi di secoli di storia italiana, custodi di tradizioni e saperi che rappresentano la ricchezza più autentica del nostro paese.
Le nuove generazioni hanno la responsabilità di preservare questi tesori per i posteri, tramandando non solo le pietre e i monumenti, ma soprattutto le storie, le leggende e le tradizioni che danno vita a questi luoghi. Solo attraverso un turismo consapevole e rispettoso sarà possibile garantire che i borghi cilentani nascosti continuino a essere fonte di meraviglia e ispirazione per le generazioni future.
I borghi cilentani nascosti non sono semplicemente destinazioni turistiche, ma veri e propri santuari della memoria collettiva italiana. Visitarli significa intraprendere un pellegrinaggio laico verso le radici più profonde della nostra identità culturale, scoprendo che la vera ricchezza di un territorio non risiede solo nei suoi monumenti più famosi, ma soprattutto nei suoi angoli più nascosti e autentici, dove il tempo sembra essersi fermato per permetterci di riscoprire il valore della lentezza, del silenzio e della contemplazione.
In un'epoca di viaggi veloci e superficiali, i borghi cilentani nascosti ci insegnano che la vera scoperta richiede tempo, pazienza e rispetto. Sono luoghi che non si lasciano conquistare facilmente, ma che, una volta entrati nel cuore, lasciano un segno indelebile nell'anima di chi ha avuto la fortuna di incontrarli lungo il proprio cammino.